C’era una volta…
Oggi voglio raccontarvi una storia una davvero interessante: mettetevi comodi.
C’era una volta un’Azienda manifatturiera, una delle tante PMI del nostro Paese.
C’erano il Capo, il suo Socio, l’Uomo e qualche decina di dipendenti affezionati.
Il Capo si occupava della produzione e dello sviluppo, il Socio di amministrazione/sales/marketing e l’Uomo faceva di tutto. C’è un “UOMO” in ogni PMI: una figura quasi mitologica, che conosce tutto, di ogni cosa, di ogni persona, di ogni aspetto tecnico, dall’ultima vite dell’ultimo impianto elettrico all’ultima data della revisione del camion e di tutto si occupa con dedizione da decenni interi.
C’era una volta questa bella Azienda, in cui tutto scorreva bene: il lavoro era abbondante, il fatturato solido, i dipendenti felici di lavorare e i prodotti erano sempre molto ricercati.
Un giorno, Capo e Socio, seduti in ufficio ammirando soddisfatti i risultati del loro lavoro, si guardano e realizzano che sono passati davvero parecchi anni da quando hanno “aperto bottega” e che finalmente possono raccogliere i frutti sudatissimi del loro lavoro: decidono quindi di vendere l’Azienda e coi soldi godersi una pensione dorata giocando a golf.
Capo e Socio sono convinti: i libri contabili non mentono, l’Azienda è sana e florida e non sarà difficile venderla ad un ottimo prezzo, con tanti zeri. Così annunciano la cosa e passa davvero pochissimo tempo prima che un Compratore arrivi alla loro porta per cercare di concludere un affare così ghiotto. Compratore fa un bel giro dello stabilimento: vede i macchinari, i capannoni, parla col personale, conosce l’Uomo e chiede a Capo e Socio come mandano avanti il business.
Alla fine Compratore fa la sua offerta: 10.
Capo e Socio sono sconvolti: la loro Azienda vale molti di più! Il loro fatturato è dimostrabile! Avevano chiesto 100 e Compratore ha avuto l’ardire di offrire solo quella miseria: incredibile.
Passa il tempo, altri Compratori arrivano e offrono sempre 10.
Capo e Socio rifiutano sempre categoricamente ed alla fine chiudono: vendono i capannoni, svendono i macchinari, liquidano i dipendenti ed alla fine incassano… 10.
E vissero tutti poveri, infelici e scontenti. E disoccupati.
Perché Compratore ha offerto così poco?
Vi siete mai chiesti quale sia il valore REALE di un’Azienda?
Non è solo monetario: un’Azienda che fattura 1000 non è detto che valga 1000.
Il valore reale di un’Azienda è il suo know-how, sono le sue informazioni.
Il Compratore della nostra storia, guardando l’Impresa da esterno si è reso conto che:
– i macchinari erano funzionanti, ma vecchi, non IoT. Valore: 2;
– i capannoni ampi ma trasandati. Valore: 8;
– i dipendenti erano meri esecutori materiali. Valore ZERO;
– l’UOMO era prossimo alla pensione e non aveva nessuno di giovane in affiacamento. Valore: ZERO;
– lo sviluppo era a cura di Capo, da solo. Valore: ZERO;
– la parte amministrativa/sales/marketing era gestita in blocco da Socio, il poco personale in ufficio eseguiva piccoli pezzi senza avere il quadro generale e senza conoscerne le logiche. Valore: ZERO;
– la produzione e i segreti industriali erano, perlappunto, SEGRETI, appannaggio esclusivo di Capo, unico depositario dei processi nella loro globalità, come per la parte amministativa. Valore: ZERO.
– i processi all’interno dell’Azienda sono lenti, farraginosi, inutilmente contorti e con logiche conosciute solo da Capo e Socio, che hanno “sempre fatto così”. Valore: ZERO.
A questo punto credo abbiate capito perfettamente perché Compratore ha offerto “solo” 10.
Il valore dell’Azienda erano Capo, Socio e l’Uomo. Fuori loro, restano solo vecchi macchinari e un capannone il cui valore è dato dal terreno su cui sorge.
Ma sorge una domanda: come si possono concretizzare tutti quei valori che hanno stima attuale ZERO?
In fondo sono quelli che danno il reale valore dell’Impresa, no?
L’importanza delle procedure
Non importa quale sia il vostro lavoro: è tutta una questione di procedure e di dati.
L’accentramento nelle mani – o meglio, nelle teste – di pochissime persone di “come le cose fanno a rendere come rendono”, cioè delle procedure che attuano, è la spada di Damocle che pende sulla testa di troppe PMI.
Fingiamo che Socio, purtroppo, abbia un incidente che lo rende del tutto indisponibile per 6 mesi: come pensate che possa andare avanti l’Azienda? Analizzare e comprendere il suo modo di lavorare è l’unico modo per poterlo sintetizzare in una serie di procedure riproducibili da terzi, in modo che, eventualmente, chiunque possa subentrare al suo posto riducendo al minimo le scosse di assestamento che ogni cambiamento inevitabilmente comporta.
Questo schema è riproducibile con ogni procedura dell’Azienda, che riguardi la produzione o l’amministrazione. O la logistica. O le vendite. O qualunque altra.
Se Capo e Socio avessero investito tempo e risorse per strutturare delle procedure, per delle infrastrutture all’altezza e dei flussi di lavoro standardizzati per tutti (anche per conservare il know-how dell’Uomo, che è fondamentale), l’Azienda avrebbe potuto fare a meno di loro proseguendo sul binario impostato e Compratore sarebbe stato disposto a pagare il prezzo richiesto, anziché offrire delle briciole per rilevare quattro mura e qualche impianto industriale datato.
Poi, certamente, esistono questioni che non possono essere “tramandate”, come il genio inventivo o “il gene del business” che non tutti posseggono; tuttavia mettere un’attività in condizione di poter avanzare senza dipendere da una singola persona (almeno nel medio termine) e da quello che avrebbe potuto trasmettere (e non l’ha fatto) è di primaria importanza.
La capacità di amministrare, di vedere il futuro e di inventarlo è personale.
Tutto il resto è procedurabile, schematizzabile e produce dati utili a mandare avanti nel modo giusto l’Azienda.
Questo è il significato ultimo del concetto di business data-driven: basare le decisioni su dati oggettivi dedotti da procedure studiate ed efficienti.
Volete sapere come non fare la fine di Capo e Socio e dei loro dipendenti?
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